Nell’impero delle misure

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La sconfinata personalità della poeta dissidente russa Marina Cvetaeva viene esplorata nello spettacolo di Ateliersi attraverso una composizione scenica tesa ad approfondire l’esperienza di ascolto delle sue poesie e dei suoi scritti in prosa, per giungere a un’intima vibrazione con le sue parole.
Nell’impero delle misure si sviluppa così attraverso una molteplicità di figure che incarnano le divergenti tensioni di Cvetaeva, con il desiderio di condividere progressivi avvicinamenti alla sua irriducibile essenza.
In scena appare al principio la Marina adolescente di Margherita Kay Budillon, che prima della rivoluzione d’ottobre inizia ad esplorare gli abissi che si aprono nella sua anima in formazione, parte di una generazione che attraverso l’arte e la poesia ha inteso sperimentare fino a dove possono estendersi i confini dell’immaginabile. Accanto a lei, la Marina al pianoforte di Francesca Lico: una figura incardinata nel rapporto con la madre pianista che l’ha iniziata alla relazione con la musica provocando abissali solitudini, dolori acuti e insieme la gioia della concentrazione e della creazione, con i suoi immensi desideri. Ma è anche la figlia Ariadna a emergere attraverso la Marina musicista, in un rapporto madre/figlia che si ribalta continuamente disegnando capriole di amorose concessioni e imperiose aspettative. La cantautrice Angela Baraldi porta in scena l’impeto amoroso e la scalmana; una voce profonda che sorge dall’intensità degli incontri, dalle conseguenze delle estreme scelte, dai viaggi attraverso i confini, quando in fuga e quando in caccia. La poesia è invece la dimensione nella quale si sviluppa la presenza scenica di Fiorenza Menni, attraverso quei versi che per tutta la vita sono stati l’urgenza prima di Cvetaeva. Il rapporto con gli elementi naturali e la relazione cosmica con ciò che vive sopra e sotto l’esistenza quotidiana, l’erotismo come dimensione ermeneutica declinato nell’affastellarsi e improvviso diradarsi delle relazioni emergono dai versi incarnati, come segni di una personalità smisurata nell’impero delle misure. In dialogo con le molte, diverse Marine, Andrea Mochi Sismondi assume su di sé la voce di un universo che della poeta coglie i segni e a essa si rivolge, facendosi punto di incontro del prima e del dopo, in una dimensione che rende permeabili i confini tra l’io e il tu.
Protagonista nella tessitura scenica è – come in tutte le opere di Ateliersi – la dimensione musicale, concepita insieme a Vincenzo Scorza a partire dalle opere pianistiche amate dalla giovane Marina per arrivare alla composizione elettronica e al canto.

Note degli artisti

L’opera si concentra sulla relazione tra vita quotidiana e attività creativa, una dimensione centrale nell’universo emotivo di Cvetaeva che intercetta questioni cardinali come la gestione del tempo, la definizione delle priorità esistenziali, il confine tra il mondo interiore e la realtà esterna. È un percorso che pone in relazione il XXI secolo con il ‘900 a partire dalla nostra repulsione per alcuni aspetti di quest’ultimo ormai esausti, dal fascino per la densità delle relazioni che ha saputo generare e dal desiderio di esaurirlo fino in fondo, alla ricerca di una risposta alla domanda ancora aperta sull’effettività della sua fine.

Marina Cvetaeva a partire dal 1922 ha vissuto in emigrazione in stato di povertà e spesso di vera emergenza. In quelle condizioni ha scritto moltissimo, “braccando il giorno come una bestia selvatica”. Partendo dalla relazione tra peregrinazione, povertà e creatività, ci interessa portare avanti una riflessione sul valore e sullo spreco. Per farlo, partiamo dal cuore di chi pronuncia i suoi versi.

Crediti

Di e con: Fiorenza Menni e Andrea Mochi Sismondi
E con: Angela Baraldi, Margherita Kay Budillon e Francesca Lico
Elaborazione ed esecuzione musicale: Angela Baraldi (voce), Francesca Lico (pianoforte), Fiorenza Menni (progetto sonoro) e Vincenzo Scorza (elettronica, chitarra, suono)
Grazie per la cura a Eugenia Delbue
Consulenza letteraria: Sara De Simone
Realizzazione abiti: les libellules Studio, ILSARTO di Dario Landini
Comunicazione e progettualità: Tihana Maravic
Promozione e distribuzione: Antonella Babbone
Amministrazione: Greta Fuzzi
Direzione tecnica: Giovanni Brunetto e Vincenzo Scorza
Foto: Margherita Caprilli, Giovanni Brunetto
Video: Luca Del Pia
Una produzione: Ateliersi, Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale
In collaborazione con: SoFraPa – Emergency Training Specialist
Con il sostegno di: Ministero della Cultura, Regione Emilia-Romagna e Comune di Bologna

Le parole di Marina Cvetaeva sono tratte da: Dopo la Russia (Mondadori), Il paese dell’Anima, Deserti Luoghi e Il poeta e il tempo (Adelphi) nella traduzione di Serena Vitale; dai Taccuini 1919-21 (Voland) nella traduzione di Pina Napolitano; da Una serata non terrestre (Passigli) nella traduzione di Marilena Rea; da Indizi terrestri (Guanda) nella traduzione di Luciana Montagnani e da L’amica (Ali ribelli) nella traduzione di Anna Monaco.

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