Siamo saliti sulle scale e abbiamo disattivato le fotocellule coprendo i sensori con pezzi di cartone nastrato. Dopo meno di un minuto il garage è piombato nel buio. Una piccola azione furtiva capace di attivare una piacevole sensazione che allude a possibili illegalità future. Oggi lo spettacolo si farà qui, nei sotterranei di un liceo all’avanguardia, tra le lame di luce degli steli a led, oltre la porta con il cartello che intima il divieto d’ingresso agli studenti. E invece gli studenti si raduneranno qui sotto – soprattutto studentesse, in realtà – e punteranno le orecchie percorrendo con l’immaginazione le tappe di un viaggio per luoghi assolati, in netto contrasto con l’oscurità del bunker che le contiene. Quando la figura in scena dirigerà gli occhi verso di loro, in molte devieranno lo sguardo. Per imbarazzo il più delle volte, per bisogno di concentrazione le altre. Alcune rimarranno invece con lo sguardo fisso, occhi negli occhi. Evidentemente possiedono – come alcuni coralli – delle qualità che le rendono più resistenti di altre. Nell’incontro successivo si chiederanno il perché di una maglietta strappata, parleranno di fragilità e di impotenza, di una speranza che la figura incarna e dell’emozione di prendere la parola. Saranno alcune di queste studentesse a cambiare la storia?