NAZARIO ZAMBALDI / The city is no longer (installazione + talk) @Art City Bologna, 07.02.2025
giovedì 6 – domenica 16 febbraio 2025
fruizione libera 24/24 a partire dal “quadro” nella vetrina davanti al Sì
NAZARIO ZAMBALDI
The city is no longer
in collaborazione con Open Project e BOOMing Contemporary Art Show
nell’ambito di ART CITY Bologna 2025 in occasione di ARTEFIERA
venerdì 7 febbraio, alle 18.00
La fine della città
talk in occasione dell’opening del progetto
partecipano
Manuel Orazi (curatore di “Testi sulla (non più) città” di Rem Koolhaas, Quodlibet)
Giulia Cantaluppi (Temporiuso | Stecca 3.0)
Francesco Conserva (Open Project)
Nazario Zambaldi (autore del progetto)
Fiorenza Menni e Andrea Mochi Sismondi (Ateliersi)
The city is no longer di Nazario Zambaldi prosegue il progetto Polis – basato sul testo originale Plot your city: the city is no longer, we can leave the theater now del drammaturgo belga Paul Pourveur – già ospite all’Atelier Sì in varie sue fasi nel 2021 e nel 2024.
Lo sguardo sulla città “che non c’è più” viene aperto da tracce sonore – collocate in alcuni luoghi delle città e attivabili da QR code – che disegnano geografie di solitudine, oblio, consumo. L’installazione consiste di un “quadro” nella vetrina davanti all’Atelier Sì che funge da finestra sugli altri spazi della città risignificati attraverso gli ascolti audio: l’ex chiesa delle mura tra Porta Lame e Porta San Felice (sede di Open Project) e Palazzo Isolani all’ingresso di BOOMing Contemporary Art Show.
TALK
Il talk parte da una “introduzione drammaturgica” di Paul Pourveur, in particolare dal quarto e ultimo episodio del suo Plot your city”: “Junk city: la crisi della percezione allestito presso Atelier Sì nel 2024 in residenza con la regia di Nazario Zambaldi. “La città non esiste più” secondo Rem Koolhaas come ricorda Manuel Orazi nella raccolta curata per Quodlibet Testi sulla (non più) città. La città non esiste più “poiché l’idea di città è stata stravolta e ampliata come mai nel passato, ogni tipo di insistenza su una sua condizione primigenia – in termini visivi, normativi, costruttivi – ha come esito inevitabile, complice la nostalgia, quello dell’irrilevanza”[1]. Se Koolhaas inizialmente avrebbe voluto chiamare il suo centro di ricerca anziché OMA – Office for Metropolitan Architecture – “Centro per lo studio della (non più) città”, a Bologna per ART CITY – che pure è un esempio dell’ambivalenza tra valorizzazione e sparizione dello spazio cittadino nella spettacolarizzazione – il dialogo parte da lì: cosa significa, se significa, “la fine della città”.
Questo primo giro prospettico di presentazione introduce il secondo con la personale mediazione esistenziale: Paul Pourveur nella scrittura drammaturgica, Giulia Cantaluppi con Temporiuso e Stecca3 nell’utilizzo temporaneo di spazi in abbandono e processi partecipativi, Manuel Orazi come storico dell’architettura e curatore, Fiorenza Menni e Andrea Mochi Sismondi nel lavoro teatrale, Francesco Conserva con Open Project nella progettazione a partire dal focus su restauro, recupero e rigenerazione urbana, sostanziano il progetto di Nazario Zambaldi in una dimensione autenticamente politica.
INSTALLAZIONE
L’installazione si compone oltre alle tracce sonore attivate da QR Code sui primi tre episodi della produzione pluriennale Polis: the city is no longer (Babel city: il fantasma della velocità, Panoptic city: il paradosso del consumo, Generic city: lo spettacolo di un effetto), da una “finestra” luminosa a fianco alla porta d’ingresso di Atelier Sì, cui si collegano gli interventi che coinvolgono le porte e le “finestre” cieche degli altari laterali nella ex chiesa sede di Open Project, e lo spazio d’ingresso di Booming Contemprary Art Show nel Palazzo Isolani, interpretando “Le Porte della città” anche come esitazione sulla soglia, sulle soglie, del tempo, dello spazio, da cui solo diviene possibile la visione, che caratterizza il percorso artistico visuale e teatrale di Nazario Zambaldi: la città è specchio per aprire possibili mappe di realizzazione.